Recensione: Yariv Inbar, Operation Bethlehem

Yariv Inbar è un interessante autore israeliano i cui romanzi di spionaggio sono ancora inediti in italiano, ma disponibili in inglese. Gli amanti del genere troveranno, a cominciare  dalla storia personale dell’autore, materiale interessante su cui passare qualche piacevole serata.

Yariv Inbar è uno pseudonimo, dell’autore non si conosce ne’ il vero nome e tanto meno il viso; la sua identità è protetta dal governo israeliano poiché si tratta di un funzionario dell’intelligence che ha servito nelle operazioni speciali di infiltrazione e HUMINT (i mistaʽaravim) e che è tornato in servizio dopo il 7 Ottobre 2023.
Chi è addentro alla società israeliana, sa che moltissimo del materiale su temi relativi alla sicurezza nazionale (dalle notizie di cronaca ai libri, appunto, di spionaggio) deve superare una speciale approvazione delle autorità competenti per la pubblicazione. In un romanzo come Operation Bethlehem, il lavoro di tagli e modifiche ha poco a che fare con la normale routine di un editor ma riguarda più la censura ai fini della sicurezza nazionale: intriga  e fa riflettere, questa opera di revisione unica nel suo genere, e il pensiero di ciò che si nasconde anche inconsapevolmente, fra le righe, sembra convalidare la sostanza della trama.

Così come accade leggendo Cornwell/Le Carrè o Osty/Larteguy, si percepisce infatti a un livello istintivo quella consistenza frutto di esperienze e conoscenze che inevitabilmente uno scrittore di formazione militare inserisce sempre, anche involontariamente, nelle sue opere.

Operation Bethlehem è la storia di Daniel, un ex operativo dell’intelligence specializzato nelle infiltrazioni e nella HUMINT, che dopo un tragico evento decide di lanciarsi in una solitaria, personale e pericolosa missione nel cuore della città araba di Betlemme, in Cisgiordania.
Il rischio di scontrarsi con giocatori opposti e storici nemici è mortale e Daniel dovrà necessariamente aggrapparsi a tutta la sua formazione di spia per raggiungere l’obiettivo, in un gioco di incastri di identità, alleanze e conflitti psicologici che lo mettono alla prova in ogni minuto della sua missione.

Più che con l’azione, nel romanzo ci si confronta con l’equilibrio emotivo del personaggio principale: attraverso Daniel, possiamo approfittarne per allungare lo sguardo sulle dinamiche di addestramento nella HUMINT e cosa comporta l’infiltrazione in territorio nemico sotto copertura, quali potrebbero essere i meccanismi di riflessione tra il personaggio fittizio e la persona reale, quali i ragionamenti di una spia nei momenti di pressione, cogliendo anche, qui e lì, spunti su cui l’autore ha avuto il via libera e che contribuiscono ad ampliare lo sguardo non solo sul sistema di intelligence israeliano ma anche sulla complessità della convivenza fra israeliani e palestinesi.

L’aspetto psicologico legato all’intelligence è un campo poco approfondito al di fuori delle sezioni operative, aspetto su cui vige un riserbo assoluto e che viene approcciato raramente in ambito pubblico, così come resta abbastanza dimesso il numero degli studi accademici focalizzato nelle specifiche della questione. Eppure, l’aspetto psicologico, oltre che essere parte vitale dell intelligence in cui necessita una capacità di gestione elevata, è anche un argomento affascinante per chi osserva dall’esterno.

Daniel è un personaggio ben caratterizzato, che si porta dentro una serie di carichi emotivi che di volta in volta opprimono o alleggeriscono il suo equilibrio psicologico, tenuto a bada da trucchi del mestiere, come la compartimentazione che disciplina la matassa di bugie della falsa identità, ma anche di quella vera, o i click che permettono di switchare da un personaggio all’altro, aiutando la mente a ritrovarsi nella realtà del momento senza perdere lucidità.

Il romanzo di Yariv Inbar non è ovviamente un manuale della spia e sebbene si concentri su una storia personale di falsa identità e spionaggio, ci apre solo uno spioncino sul tema complesso della psicologia nell’intelligence. Qualcuno potrebbe voler andare oltre: come si applica la psicologia nella HUMINT, quali sono gli aspetti psicologici che definiscono una “buona spia” o un buon analista di intelligence? Quali sono le tecniche psicologiche che aiutano a mitigare stress e conseguenti possibili psicopatologie negli operativi sotto copertura e nelle double-agent operations? Quali sono gli aspetti umani che fanno la differenza nella counter-intelligence, in che modo i disturbi della personalità giocano un ruolo di primo piano nei servizi segreti, qual è il potere della psicologia nella deception e nella guerra cognitiva? Come focalizzare e usare gli strumenti psicologici anche nell’intelligence privata e nel più ampio spettro professionale civile?

A queste domande e a molte altre, più specifiche e tecniche, si può trovare risposta nel corso di alta formazione dell’Istituto Germani, primo e unico nel suo genere in Italia, dedicato proprio alla Psicologia delle spie e dello Spionaggio.

Yariv Inbar, Operation Bethlehem, 2023 – 334 pp (Amazon)

Condividi questo contenuto

I commenti sono chiusi.