L’ultimo numero di Foreign Affairs contiene un interessante articolo intitolato “Il ritorno della guerra totale: come comprendere e prepararsi per una nuova era di conflitto integrale”.
L’autrice, Mara Karlin, docente presso la Johns Hopkins School of Advanced International Studies, nel 2021-2023 è stata US Assistant Secretary of Defense for Strategy, Plans and Capabilities. Secondo la Karlin, è finita l’epoca post-11 settembre, caratterizzata dalla lotta al terrorismo jihadista globalizzato, una fase storica di guerra limitata. Il mondo è entrato in una nuova fase storica – l’epoca della guerra totale – dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio del 2022 e dopo il massiccio e brutale attacco terroristico di Hamas contro Israele del 7 ottobre 2023, seguito dalla guerra Israele-Hamas. Secondo l’autrice, in questa nuova fase i conflitti assumono un carattere integrale: gli Stati coinvolti mobilitano l’intera società per lo sforzo bellico, che diventa la massima priorità dello Stato, ristrutturano i propri sistemi economici, e attaccano una grande varietà di bersagli del nemico. Ma le nuove tecnologie e la globalizzazione economica rende le nuove guerre totali profondamente diverse da quelle del passato. Gli Stati Uniti, per poter mantenere la pace a livello globale, devono prepararsi per la guerra totale, esercitando una efficace deterrenza nei confronti delle grandi potenze revisioniste – la Cina, la Russia, e l’Iran – che mirano a espandere la loro influenza e cambiare l’ordine internazionale ricorrendo anche alla forza miliare. Una delle più urgenti priorità strategiche per gli USA e loro alleati è, secondo Karlin, il contenimento dell’espansionismo cinese nel quadrante Indo-Pacifico e, in particolare, la dissuasione di Pechino dall’intraprendere azioni aggressive contro Taiwan.
Uno degli strumenti tradizionali di deterrenza è comunicare a un avversario che, se dovesse compiere determinate azioni belliche, si troverà a dover affrontare consequenze gravissime. A questo proposito Karlins rivela che, nell’ottobre del 2022, le ripetute minacce nucleari di Putin aumentarono pericolosamente la probabilità che Mosca potesse sferrare un attacco nucleare tattico in Ucraina. I più stretti collaboratori del presidente americano Biden ritenevano che vi fosse una probabilità del 50% che Putin potesse utilizzare l’arma nucleare. A quel punto la Casa Bianca comunicò chiaramente e credibilmente a Mosca che l’uso dell’arma nucleare avrebbe comportato conseguenze catastrofiche. Washington, inoltre, persuase la Cina, l’India e altre potenze asiatiche ed europee, di condannare pubblicamente l’uso di armi nucleari nel conflitto in Ucraina. La strategia USA di deterrenza nei confronti della Russia si rivelò efficace.